martedì 4 dicembre 2012

Il Solfeggio (UPD 2012-12-10)

Inteso come lettura a prima vista.

Per me tutto cominciò alle medie inferiori. La chiave di sol, i righi, gli spazi, Le quantità: la semibreve, la minima, la semiminima. Il punto. Le pause. Suonavo il flauto di plastica, come tutti, e avevo un'idea abbastanza vaga di come si potesse desumere ritmo e altezza delle note dallo spartito.


Ho studiato per tre (oppure due) anni chitarra privatamente a partire dagli 11 anni, e anche in quell'occasione mi sforzavo di capire e di realizzare il solfeggio ritmico: quanto all'altezza delle note, ci pensava lo strumento ad intonare.

Intendiamoci: suonando verificavo ("rigorosamente" ad orecchio) se le note fossero corrette o meno, ma con una buona dose di approssimazione. 

Avevo appena cominciato a cantare nel coro universitario di Bologna (era il 1988, e come da chitarrista scarso sono diventato cantante scarso ve lo racconterò un'altra volta), e studiavo i pezzi suonandomeli con la chitarra, ma c'era anche la "cassetta" con le parti (e sì, niente cd, niente mp3, niente midi: la parte era ribattuta con il pianoforte sulla registrazione del pezzo).

L'epifania arrivò un giorno, in cui un compagno delle superiori, Marco, mi parlò del solfeggio cantato come lettura a prima vista. Data la natura burlona del mio amico, pensavo che si trattasse di uno scherzo, ma lui insistette: con la lettura a prima vista si potevano cantare brani di cui non si conosceva a priori né il ritmo, né l'altezza delle note. Dopo qualche rimostranza ("ma come fai a cantarla, se non sai come fa?...") gli portai uno spartito, per la precisione "La Gagliarda" di F.Azzaiolo, in quanto ero ragionevolmente sicuro che non conoscesse questo brano.

Marco la lesse senza problemi: per me fu quasi magia, ma capii che cosa fosse il solfeggio, e che era plausibile che potessi imparare anch'io. Fino ad allora, avevo sentito favoleggiare di persone che riuscissero a leggere a prima vista, ma erano comunque musicisti professionisti che avevano iniziato a studiare musica prestissimo, possibilmente in età prenatale.

Il primo anno di coro universitario (quinto anno di liceo, capirete le arie che mi davo) fu un anno di musica imparata ad orecchio, a memoria, per cui certi brani, come la Messa in Do maggiore op. 86 di Beethoven, li so ancora a memoria, e penso potrei cantarli anche svegliato nel cuore della notte. Dopo gli insulti di rito, si intende.

Nel 1989, la svolta: mi iscrissi alla Scuola di Formazione Professionale per Artisti del Coro del Teatro Comunale di Bologna (a quella scuola dedicherò un post separato). In quella scuola si frequentavano lezioni di Tecnica Vocale (ciao Ada, sarai sempre nel mio cuore), di Esercitazioni di Canto Corale e Lezioni di Solfeggio.

Queste ultime erano tenute da tale M° Federico Salce, che divise noi allievi in sei (sei!) classi, dalla zero alla cinque. Come si può facilmente evincere, quelli in classe zero non distinguevano una nota da una lavastoviglie, e quelli in classe cinque leggevano già molto bene a prima vista. La divisione venne effettuata dopo un brevissimo test ad insindacabile giudizio del M° Salce. 

Quando toccò a me, che mi ero preparato per un paio di settimane con un libro di Goitre prestato da un'amica, e che avevo ripassato tutto il possibile, non riuscii ad andare oltre al riconoscere le note alle varie altezze in chiave di sol, e tentai pure una lettura per gradi congiunti, in Do maggiore, ma non andai oltre alla quinta o sesta nota. Classe 1.

Ora, dovete sapere che quello era anche il primo anno di Ingegneria, e allora (come ora) non seguire le lezioni era foriero di grandi bocciature. Io, di "mestiere", "facevo" lo studente universitario, i miei mi mantenevano per fare quello e non potevo sbagliare. La musica era un qualcosa "di più", che avrei potuto coltivare solo se gli studi fossero proseguiti senza intoppi, come era sempre successo sin dalla prima elementare. Forse non me l'avrebbero *vietato*, ma mi sarei sentito un approfittatore se per seguire un hobby (la musica) avessi trascurato il mio "lavoro".

In sintesi, le lezioni di solfeggio della classe prima erano ad orari incompatibili con le lezioni universitarie che avrei dovuto frequentare. Così, con il cuore in mano, chiesi a Federico Salce di spostarmi in un'altra classe. A diciannove anni, non privo di un senso di onnipotenza, ovviamente gli chiesi se non potesse fare una strappo alla regola e mettermi in classe seconda (i cui orari erano compatibili con i miei!)... ma lui rispose che "la classe seconda... è già arrivata al numero 76 del Bona, e hanno già fatto quasi tutto il Pozzoli... sono troppo avanti"; risposta: no, sarebbe stata una perdita di tempo per me, per lui e per gli altri compagni della classe seconda. 

Allora, gli dissi, mi metta in classe zero: la prima non avrei potuto fisicamente frequentarla. Questo lo contrariò ancora di più; io ero più avanti degli ultimi argomenti che avrebbe affrontato in quell'anno con la classe zero, e avrei di fatto perso un anno di solfeggio. 

Eravamo ad un impasse: lui sperava che io rinunciassi a qualche ora la settimana di lezioni a Ingegneria per frequentare la classe che riteneva più idonea per me, e che effettivamente era tale, ma io non cedevo di un millimetro, ed ero perfino disposto ad annoiarmi per un anno di lezioni di solfeggio in classe zero, con le note, le pause, ecc...

Dopo un po' di tira e molla, gli proposi di provare a farmi frequentare la classe seconda, assicurandogli che mi sarei prodigato per recuperare in poche settimane; se entro un mese o due non fossi riuscito ad essere all'altezza della classe seconda, mi avrebbe rispedito in classe zero, e amen. Accettò, molto perplesso, quasi certo che sarebbe stato un buco nell'acqua.


Come potete intuire, la cosa andò bene, anzi, benissimo. Il M° Salce evitò di tartassarmi durante le prime lezioni, in modo da darmi il tempo di recuperare, e io comprai il Bona e il Pozzoli, e mi misi a solfeggiare, dovunque, in ogni momento. Chi era in corso con me al primo anno di ingegneria si potrà ricordare ancora che durante i quarti d'ora accademici e le pause, quando tutti si prendevano un momento per sgranchirsi le gambe e per fare due chiacchiere, c'era un invasato che tirava fuori i libri di solfeggio e...

...imparai a studiare meno e meglio, e anche i ragazzi che frequentavano con me la classe seconda (cacchio, erano bravi!) mi davano una mano e non mi hanno mai fatto mancare il loro appoggio. Passammo dai solfeggi parlati a quelli cantati, e...

...alla fine del primo anno il M° Salce mi promosse in quinta (!) classe e...

...al secondo anno, al primo concerto con coro, organo e soli, mi affidò la parte del Basso Solo, di certo più per la mia sicurezza delle parti che per le mie qualità vocali, e...

...alla fine del secondo anno, mi trovò il primo lavoro da professionista: andai al conservatorio di Ferrara, la cui classe di Esercitazioni di Canto Corale eseguiva la Missa Brevis KV 49 di Mozart, in Sol maggiore; tutte le cadenze finivano con il sol grave per i bassi, e fra i giovani virgulti del conservatorio il sol era raro e flebile. Anch'io ero un giovinastro (20 anni), ma quel sol ce l'avevo, andai a cantare come aggiunto, e guadagnai duecentomila lire, che all'epoca non erano affatto poche.

Dopo quell'episodio, non ebbi più molte occasioni per frequentare il M°Salce anche se continuammo ad incrociarci per i corridoi della musica, e quando seppi prima della sua malattia e poi della sua morte, nel 2002, ad appena cinquantuno anni, rimasi molto colpito. Se ne andò un musicista gentiluomo che aveva creduto in me come persona, come allievo e come cantante, prima che altri, a torto o a ragione, avessero potuto apprezzare quel poco di musica che ho da offrire.

Federico Salce mi ha fatto un regalo di valore incalcolabile: insegnandomi a leggere, mi ha dato il primo strumento per eseguire tutta la musica nella quale mi sono imbattuto da allora in poi.

Non manco mai di raccomandare a tutti, e anche a me stesso, di coltivare sempre la lettura a prima vista, perché è come un grimaldello che apre tutte le porte della musica, e permette di fruire di una maggiore quantità di musica nella stessa unità di studio. E se la musica è bella (e non tutta lo è, ma di bella musica ce ne è davvero tanta) non ha senso limitarsi nella quantità solo per pigrizia.

Il 15 Dicembre 2012 sarò in San Petronio a Bologna per un concerto commemorativo per il M° Salce; canteranno tanti musicisti che, anche solo perché bolognesi, sono stati suoi allievi, e che da lui sono stati influenzati tanto nel gusto come nella pratica; senza retorica, posso affermare che nella nostra musica ci sarà, in parte, anche la sua.



Nota: l'articolo è stato modificato dopo la sua pubblicazione iniziale.

domenica 11 marzo 2012

Le 10 regole naziste per suonare il jazz

Giusto per ricordare come possono essere repressivi i tempi di dittatura, ecco qui le 10 regole per suonare il jazz imposte sotto il regime nazista, come ricordate da Josef Skvorecky, musicista recentemente scomparso che ha vissuto (e suonato) in quei tempi.

Sembra fantascienza.

1 I pezzi in ritmo di foxtrot (il cosiddetto swing) non devono superare il 20% del repertorio delle orchestre da accompagnamento e da ballo;
2 In questo cosiddetto repertorio jazz, deve essere data priorità a pezzi in tonalità maggiore e i cui testi esprimano gioia di vivere piuttosto che testi tristemente ebrei;
3 Per quanto riguarda il tempo, si dia preferenza a composizioni vivaci piuttosto che a quelle lente cosiddette blues; comunque, il ritmo non deve eccedere un certo grado di allegro, commisurato con il senso di disciplina e di moderazione Ariano. In nessun caso saranno tollerati eccessi nel tempo (cosiddetto jazz caldo) o in performance solistiche (cosiddetti assoli);
4 Le composizioni cosiddette jazz possono contenere al massimo il 10% di ritmo sincopato; il resto deve consistere di movimenti legati naturali e privi di caratteristiche di isterica ritmica inversa, caratteristica delle razze barbariche e portatrice di oscuri istinti alieni al popolo Germanico (i cosiddetti stacchi);
5 L'uso di strumenti alieni allo spirito Germanico (cosiddetti campanacci, flexatone, spazzole, ecc...) è strettamente vietato, e ugualmente lo sono tutte le sordine che trasformano il nobile suono dei legni e degli ottoni in un verso Ebreo-Massonico (il cosiddetto wa-wa, cappello, ecc...);

6 Sono inoltre proibiti gli assoli di batteria più lunghi di mezza battuta in un ritmo di quattro quarti (eccetto nelle marce di stile militare);

7 Il contrabbasso deve essere suonato solo con l'arco nelle composizioni di cosiddetto jazz;
8 il pizzicato degli archi è proibito, poiché danneggia gli strumenti e svilisce la musicalità Ariana; se il cosiddetto effetto pizzicato è assolutamente necessario per il carattere della composizione, saranno presi accorgimenti particolari perché la corda non tocchi la sordina, il che è conseguentemente vietato;
9 Ai musicisti è ugualmente vietato lanciarsi in improvvisazioni vocali (il cosiddetto scat);
10 A tutte le orchestrine e le orchestre da ballo è fatto avviso di evitare l'uso dei sassofoni di tutte le tonalità e sostituirle con il violoncello, la viola o comunque con un altro strumento popolare.

Visto che siamo in tema, e che i campanacci erano vietati, ho aggiunto a una canzone di Lucio Dalla, recentemente scomparso pure lui, un po' di campanacci e un po' di monologhi di Christopher Walken (per la precisione, 83% di campanacci in più e 27% di Christopher Walken), grazie al sito http://www.morecowbell.dj

Per inciso, questa è la canzone di Dalla che mi piace di più, e con l'aggiunta di campanacci e Walken non sta affatto male.

(Ringrazio il sempre ottimo bOINGbOING per la segnalazione).

venerdì 29 luglio 2011

Isole, laghi.

Qual è l'isola più grande? La groenlandia.
Qual è il lago più grande? Facile, il Mar Caspio.
Ma qual è la più grande isola lacustre di un lago contenuto in un'isola lacustre che è in un lago contenuto in un'isola?

http://www.elbruz.org/islands/Islands%20and%20Lakes.htm

Il08

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venerdì 8 luglio 2011

Forlì su Google Street View!

Ok, sarò anche l'ultimo ad esserci arrivato, ma oggi ho scoperto che Forlì è su Google Street View! E sì, c'è anche casa mia... :)
Forli_street_view

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giovedì 16 giugno 2011

Versioni: Over the rainbow

Judy Garland:

Eric Clapton:

Aretha Franklin:

Ella Fitzgerald:

Sarah Vaughan:

Kristin Chenoweth (chi?):

Frank Sinatra:

Israel Kamakawiwo'ole:

Ho volutamente omesso versioni maraglie come quella delle Celtic Woman, di Leona Lewis, e di altri X-factor di qualsiasi nazione. Purtroppo ho escluso anche quella di Ray Charles perché ho trovato solo un montaggio e non l'originale.

Un grazie a Giacomo Serra per aver linkato la versione originale di Judy Garland che per me resta la migliore.   

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sabato 19 febbraio 2011

Stasera: tigelle

Tigelle

Ingredienti:
400 g di farina 0 oppure 00
1 cucchiaino da caffè colmo di strutto
125 g d'acqua tiepida (40°C)
125 g di vino bianco
mezzo cubetto di lievito di birra

Preparazione:
Disporre la farina sul tagliere, come se si dovesse fare la sfoglia (come un vulcano ampio e con i bordi bassi) e salarla con tre presine di sale fino. Conservare a parte due manciate della stessa farina. In un recipiente si pongono strutto, lievito e acqua, emulsionandoli con le dita. Aggiungere all'emulsione il vino bianco.
Con l'intruglio ottenuto iniziare ad impastare e proseguire come per fare il pane (incorporando, ad esempio, la farina a poco a poco nel liquido: raggiunta una consistenza pastosa, aggiungere il resto della farina impastando con le mani). Vedi nota 1.
L'impasto ottenuto deve riposare e lievitare in ambiente riscaldato per 2-6 ore. Quindi tornare ad impastare e aggiungere la farina messa a parte onde rassodare il tutto. Ora l'impasto deve essere modellato a forma di tubo con diametro inferiore alle impronte dello stampo. Vedi nota 2.
Con un coltello si fanno sezioni perpendicolari di circa 2 cm di spessore. Le sezioni di pasta, che sono potenzialmente tigelle, si devono foggiare con le mani. Fatto ciò, lasciare le tigelle pronte da cuocere su un velo di farina, poi girarle.
Scaldare sul fornello lo stampo vuoto e porvi le crescenti. Vedi nota 3.
Il tempo di cottura è breve, cotte sono colore del rame. Se le tigelle si bruciano esternamente significa che la temperatura dello stampo è troppo elevata.

Nota 1: nella ricetta di famiglia c'è scritto: "All'inizio dell'impasto il tagliere è come un campo di battaglia. Raschiarlo e non demoralizzarsi". 
Nota 2: io ho l'articolo 8 di questa pagina http://www.enricopruni.com/sta_tig.html
Nota 3: Nell'appennino fra Modena e Bologna, si chiamano "Crescenti nelle tigelle", intesa come tigella il mezzo in cui vengono cotte. "Tigella" in seguito per metonimia è divenuto il termine per descrivere la crescente cotta nell'omonimo stampo, originariamente di terracotta. http://tipicoatavola.it/content/crescenti-tra-le-tigelle-con-pesto-montanaro

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venerdì 24 dicembre 2010

Natale = brodo.

Ricetta per il brodo di Natale:

Ingredienti:
2 gambi di sedano mondati e lavati
2 carote mondate e lavate
opzionale: 1 cipolla privata della parte esterna
1 cucchiaio raso di sale grosso
3 o 4 pomodori ciliegino
4,5 - 5 litri d'acqua
1 quarto di cappone
1 pezzo di doppione
1 pezzo di carne di manzo

Procedimento:
Riempire con l'acqua una pentola grande e mettere nell'acqua fredda la carne, portare verso l'ebollizione. Prima di raggiungere l'ebollizione si forma la schiuma che va rimossa con la schiumarola (ramina): il tutto richiede circa 10 minuti, fino a che la schiuma non viene più prodotta. All'inizio della bollitura a fuoco moderato aggiungere sedano e carota (ed eventuale cipolla). Dopo un'ora aggiungere i pomodori ciliegino e un cucchiaio raso di sale grosso. Fare bollire per almeno 3 ore ma non più di 4 ore. Regolare di sale prima di spegnere (assaggiare, sempre assaggiare).
Mettere la pentola con tutto il contenuto fuori dalla finestra (circa 4°C), e la mattina successiva togliere il grasso in superficie. Colare il brodo in un colino da brodo prima di utilizzarlo (per eliminare i corpi solidi in sospensione). La carne verrà consumata come bollito.

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